Se sei una mamma in crosta, nel tuo DNA c’è sicuramente più di una situazione in cui a te è sembrato che tuo figlio o figlia ti comunicasse “non lo voglio fare”, mentre invece lui o lei ti stava dicendo
non lo posso fare
Proviamo ad analizzare letteralmente questa frase.
SOGGETTO
C’è un IO che ha una sua personalità. Ha difficoltà a comprendere che ciò che ci dice e come ce lo dice non è stato compreso. Crede che siamo noi a non VOLER CAPIRE
VERBO
I nostri figli FANNO. Agiscono e come tali sono il nostro metro di osservazione per arrivare dove non riusciamo col dialogo.
VERBO MODALE
Il fulcro di tutta questa espressione. I nostri figli sanno comunicare letteralmente, a parole o a gesti. Quindi, per loro, dire NON POSSO o POSSO è reale.
Fatta eccezione per i rari casi in cui siano ad un livello in cui sono in grado di “sfruttare” la situazione per fingere, bisogna dare loro almeno una possibilità e comprendere la vera difficoltà.
Giulia e i suoi “non posso”
NON POSSO FARE LA CACCA IN BAGNO. Per un genitore – aldilà della difficoltà – diventa difficile poter comprendere come mai il proprio figlio sia terrorizzato da questo “distacco”. Giulia ha fatto davvero fatica ad accettare che la cacca “potesse prendere il volo” e ha preferito sporcarsi per diverso tempo. In quell’arco di tempo, abbiamo adottato diverse tecniche :
- tolto il pannolino che di solito le mettevo su la sera, sapendo che quello era il momento in cui, essendo a casa, si sentiva più serena
- messo in bagno, nella posizione più alta che esisteva, un regalino che poteva attirare la sua attenzione con la promessa che lo avrebbe ricevuto al buon esito della cacca sul water (ce lo siamo giocato subito e subito dopo abbiamo ricominciato a non farla, nonostante il successo della prima volta)
- portata in bagno con la scusa di sentire puzza quando mi sembrava stesse per farla…
E così facendo, una volta sì e tre no, siamo arrivate ad obiettivo.
L’ho aiutata persino simulando lo sforzo fisico e da quel momento, a casa nostra, è un tripudio.
Bisogna guardarla come quasi doverla pesare, ma soprattutto, cantare l’inno che mi è venuto spontaneo creare per potenziare la sua autostima:
CACCA CACCA CACCA, CE L’ABBIAMO FATTA!
NON POSSO SCENDERE LE SCALE. Questo è stato difficile da comprendere, perchè da piccola si divertiva a scendere le scale mano nella mano. All’improvviso, un giorno, stessa scala stesso posto, ormai 5enne, “mamma in braccio!”.
Se ad accompagnarla era un’altra persona, difficilmente esitava.
Fintanto che ho compreso che era cresciuta, aveva notato che a scendere si poteva vedere il vuoto fino al pianterreno e pur dall’altro lato esitava.
Perchè io non avevo trovato la formula giusta, che non era la più scontata – “c’è la mamma” – ma quella più letterale “se scendi dal lato della parete vedi solo gli scalini e puoi essere più tranquilla”.
Da 10 giorni sale e scende le scale senza il nostro ausilio diretto e ci ha preso talmente gusto che va come una trottola.
NON POSSO GIOCARE. Se le proponi un gioco nuovo che lei vede per la prima volta e quindi non ha mai ricercato, la sua prima risposta è “non posso giocare”.
Perchè si sente spaesata, non ha appigli cui ancorarsi, in balia degli eventi. Per una bimba come lei è la cosa peggiore che possa esistere, perchè ha bisogno di rassicurazioni visive, adesso anche a parole, purchè semplici e dirette.
Oppure capita che un gioco fatto con una determinata persona chiamata ad “accompagnarla” nei suoi progressi non sia necessariamente gradito ripeterlo a casa con la stessa formula. Ecco che mi impegno a riformulare quel gioco in modo che le sembri più “personale” e arrivi comunque ad obiettivo.
Non ho scritto i minuti, le ore, i giorni e gli anni in cui siamo riuscite a gestire il “non posso” di queste situazioni.
E non so quante altre ne avremo.
Ma so che questo è il nostro modo di trovare connessione: io rispetto le sue modalità e le “uso” per migliorarle ed affinarle alle mie.
Io la osservo e poi medito cosa fare.
“La parola giusta può essere efficace.
Ma nessuna parola è tanto efficace quanto un silenzio al momento giusto”
NOI MAMME IN CROSTA ABBIAMO IL SETTIMO SENSO.
Quello del CE LA FACCIAMO SEMPRE!
Ciao, sono Monica.
Di lavoro faccio la creativa e sono mamma a tempo pieno di Giulia e del suo spettro autistico ad alto funzionamento.
Cosa ci faccio qui e cosa posso fare per te ? Te lo racconto meglio QUI
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